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Nobel per l’economia: aiutare lo sviluppo guardando negli occhi la povertà

28/10/2019 di Maria Medici

Il fatto che quest’anno il premio Nobel per l’economia sia stato conferito ad una donna, Esther Duflo (vincitrice assieme a suo marito Abhijit Banerjee e a Micheal Kremer), non può che rallegrarci.



È la seconda volta che una donna vince il Nobel in questa sezione. Non stupisce, anzì ci fa contenti, neppure il fatto che i vincitori siano stati premiati per i loro studi e le loro ricerche nel campo dell’economia dello sviluppo, per l’attenzione alle condizioni economiche dei paesi poveri e per le possibili ricette da applicare.

Un po’ siamo abituati a vedere l’economia come qualcosa che si preoccupa soprattutto di aumentare la ricchezza secondo grandi strategie globali, che investono le scelte compiute in alto, nei ministeri e nei governi, relativamente alle politiche pubbliche nei confronti delle aziende, del lavoro. In questo caso, però, l’economia si fa “piccola”, scende nei bisogni quotidiani della povera gente, li fa compartecipi delle strategie e ne condivide i bisogni, anche i più elementari. Non è facile vedere l’economia che guarda negli occhi la povertà, di solito questo lo fanno le agenzie di assistenza, gli enti caritatevoli.

Duflo, con suo marito, si è mossa sul terreno empirico per comprendere quali siano le mosse da compiere nei programmi di sviluppo, soprattutto mettendo al primo posto la necessità di verificare con mano i risultati di questi programmi. Cosa c’è di nuovo? C’è il fatto che i governi e le organizzazioni internazionali sono capaci di investire enormi quantità di denaro in programmi di intervento ma, poi, si disinteressano dei risultati.

Non solo, spesso l’assenza di una verifica empirica comporta errori di strategia, assenza di opportune comprensioni circa la rotta da seguire, persino mancanza di fantasia. Sì, perché la fantasia se qualche volta arriva al potere non guasta, soprattutto laddove la programmazione per lo sviluppo e l’assistenza non si piega a comprendere la realtà degli individui, i contesti in cui essi vivono, le condizioni materiali in cui si barcamenano.

Leggo che qualche anno fa Duflo e Banerjee stavano studiando come mai nel Rajasthan indiano le donne non vaccinassero i propri figli pur essendo un servizio gratuito. Ad un certo punto hanno deciso di offrire un sacchetto di legumi a coloro che avrebbero portato i loro figli a vaccinare e così nel giro di poco tempo il numero dei bambini vaccinati è andato aumentando. Bisogno di cibo e consapevolezza dell’importanza dei vaccini possono andare a braccetto.

Alle donne del Rajasthan poco importava di un vaccino se non avevano nulla da mettere nel piatto per i propri figli. Una scoperta dell’acqua calda, si potrebbe dire. Neanche per sogno. Per troppo tempo le scuole economiche, gli illustri studiosi di questa materia sono partiti dalla pura teoria, costringendo la realtà a calzare alla perfezione a quanto affermato nelle loro idee. Poche volte avviene il contrario.

Duflo e suo marito, partendo dal quotidiano, fregandonese delle ideologie e dei proclami nonché delle paludate scuole economiche si sono abbassati a capire cosa è che non funziona nel mondo e così, ad esempio, sempre in India, hanno finito col promuovere la frequenza scolastica di ben cinque milioni di ragazzi. Che c’entra con l’economia? Più di quanto si possa immaginare.

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31/10/2019 11:23:15 di Alfredo
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