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Una nuova idea del mondo. Un libro su Gorbaciov

07/11/2019 di Maria Medici

“Voglia di Gorbaciov”. Ci fu un momento in cui qui da noi girava lo scherzoso annuncio che invitava all’acquisto di una finta “voglia” da attaccarsi sulla fronte, per imitare il capo sovietico.



Era un periodo in cui la popolarità di Gorbaciov era alle stelle. Il suo viaggio ufficiale in Italia era stato seguito dall’opinione pubblica con grande emozione. Ricordo il corteo di macchine sfilare a Piazza Venezia e Gorbaciov salutare la folla che si era assiepata per dargli il benvenuto. Sembrava quasi di sognare : un capo sovietico che parla di pace, di futuro di armonia fra i popoli del mondo.

Persino i coriacei Reagan e Thatcher avevano finito col convincersi della bontà delle sue intenzioni. Poi il 1989, i muri che crollano, la fine di un’epoca, le libertà riconquistate nell’Est Europa, le ferite lunghe mezzo secolo che si cominciano a curare. Tutto questo, è indubbio, non avrebbe avuto luogo, almeno in quella forma essenzialmente pacifica, se non ci fosse stato Gorbaciov.

Gli eventi successivi, le critiche interne, il fallito colpo di Stato e la fine dell’Urss, finiscono col mettere l’uomo in ombra. Il Gorbaciov che, secondo alcuni, aveva sognato un “nuovo umanesimo” si ritrova ad essere la prima vittima di un mondo che, più che all’umanesimo futuro, pensa agli equilibri presente da ricostruire. Dovrà fare anche i conti con chi lo rimprovererà (e lo rimprovera ancora oggi in Russia) di essere stato colui che decretò la morte della “Grande Madre Russia”, che, seppure col nome di Urss e con la stella rossa come simbolo, aveva perpetrato l’idea “imperiale” del potere di Mosca.

A finire nell’ombra è soprattutto il suo progetto di un nuovo ordine del mondo. “Ordine mondiale” è un concetto che per lo più suona come sinistro, evocando complotti segreti da parte di dominatori oscuri che vorrebbero impadronirsi delle leve del potere globale. Nulla di tutto questo nel pensiero gorbacioviano sul quale oggi è possibile riflettere anche grazie all’ultimo lavoro di Giuseppe Vacca, La sfida di Gorbaciov. Guerra e pace nell’era globale (Salerno edizioni), che verrà presentato oggi a Roma presso l’Istituto dell’Enciclopedia Italiana e di cui l’autore parla in una intervista su L’Avvenire di oggi.

Assieme ad altri (pochi in verità, fra i quali Vacca cita Wojtyla), Gorbaciov fu capace in quegli anni di ipotizzare delle “nuove categorie di pensiero politico, finalmente all’altezza delle questioni” mondiali. Lasciando alla storia il compito di celebrare le grandi Rivoluzioni del passato, Gorbaciov aveva intuito che il mondo stava mutando in profondità e che nuove forze e realtà premevano per entrare in scena, in primo luogo il Terzo Mondo, il senso di identità di una nuova cittadinanza, una visione mondiale non frutto di irrigidimenti ideologici ma di consapevolezza dell’universalismo dei bisogni e desideri dell’essere umano.

Idee, le sue, che oggi appaiono ancora preziose e sulle quali vale la pena riflettere per il nostro futuro, assieme ad una doverosa celebrazione della sua figura e del ruolo essenziale che egli ha avuto nelle trasformazioni di fine secolo e nella fine della Guerra Fredda. Il suo appello alla strada del “disarmo e della cooperazione” è ancora valido, in un mondo in cui le tante guerre locali rischiano di sfociare in un conflitto globale.

(libro edito da Salerno Editrice)

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