250 milioni di euro, questa pare essere la marea di soldi che anziché essere spesa per realizzare il Mose di Venezia è finita nelle tasche dei soliti corrotti.



A pensare che oggi i lavori sono fermi perché l’Istituzione che dovrebbe concedere il lasciapassare all’erogazione di 200 milioni li tiene bloccati per cavilli burocratici. Ergo: se non ci fosse stata la corruzione forse il Mose, al netto delle legittime critiche sulla sua reale efficacia, si sarebbe ultimato e (sempre) forse quello che è accaduto in questi giorni a Venezia si sarebbe potuto evitare. E, calcolatrice alla mano, sarebbero avanzati pure 50 milioni.

Ma non siamo nei Paesi Bassi dove l’acqua non fa più paura ad una intera nazione, siamo in Italia dove l’acqua fa paura ad una città e fa paura al mondo intero. Agli italiani pare di no. Ci rassegniamo all’ennesima tragedia, a San Marco allagata, alla solita sfilata del governo, ai preziosi volumi affogati nella melma.

All’estero guardano inorriditi quello che è accaduto a Venezia, in Italia guardano e basta. E non si fa niente. Non si fa niente come al solito, come quando puntualmente la Liguria e la Calabria si ritrovano affogate nel fango e nelle alluvioni non appena cominciano le piogge stagionali. Come quando arriva un terremoto e a cadere sono edifici già fatiscenti di loro, magari una scuola. Non si fa niente perché siamo un Paese fatalista e amanti delle tragedie annunciate.

Ci fanno sentire, evidentemente, più italiani. Quelli che gracchiano “prima gli Italiani” dovrebbero mettersi per primi una mano sulla coscienza, dato che a sgretolarsi è proprio l’Italia. Ma tutta la politica deve farsi un esame di coscienza perché il malgoverno, il non-governo, il governo delle lungaggini burocratiche (le grandi tentatrici per i corrotti e corruttori) sono i complici di questo sfascio materiale e morale. Venezia resiste da secoli e il Mose incompiuto è già arrugginito. Già questo è un messaggio che dovrebbe bastare.

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