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Tempo di Natale, tempo di speranza, nonostante tutto…

24/12/2019 di Maria Medici

È tempo di Natale e, a seguire le tendenze culturali d’ordinanza, ci si dovrebbe sentire tutti più buoni. Non tornano i conti, però, relativamente al clima che sembra imperare sempre più nelle nostre città.



È pur vero che quel senso di bontà che aleggia attorno all’alberello addobbato è sempre stato in odore di ipocrisia. Tanto più che la bontà tagliata su misura e applicata alle nostre azioni a comando e per volere del calendario suona un po’ come falsa. Verrebbe da dire: ben venga il tramonto delle ipocrisie, guardiamoci in faccia per quello che siamo veramente, tutto l’anno, Natale incluso.

Facendo i conti su quello che i nostri occhi, non più velati dal buonismo, possono vedere, il quadro appare però decisamente desolante. Un probabile senso di smarrimento di fronte ad un mondo che non riusciamo a capire del tutto, che muta davanti ai nostri occhi di continuo ed in cui le coordinate di un tempo sembrano non valere più, ci spinge ad una chiusura verso tutto e tutti. Gli ingredienti per una regressione civile prima ancora che culturale ci sono tutti: guerra fra poveri, disillusione nei confronti della politica, attesa messianica del capo con bacchetta magica incorporata.

A ciò si associano atteggiamenti che, fino ad oggi, parevano essere tutto sommato abbastanza marginali nel nostro disincantato Paese, a cominciare da una certa ansia patriottica, in una nazione che a malapena l’inno di Mameli lo canta, se capita di qualificarsi, durante le partite della nazionale di calcio. Se non è la Patria da difendere, allora è il presepe, dopo che questo povero rito è stato svuotato completamente di senso cristiano, relegandolo ad arma contundente, come le croci appese nelle aule scolastiche.

Ci si riscopre italiani di fronte al nemico: l’Europa, le banche e la finanzia internazionale, i disgraziati che arrivano con le barche, i poteri forti e, addirittura, i rispolverati Savi di Sion. Ma ci si dimentica di essere italiani quotidianamente, quando si evade il fisco o si lascia correre davanti al mancato scontrino e fattura, si ruba a man bassa in politica, si lascia che il nostro patrimonio artistico e culturale si sgretoli, nonché si lascia cadere sulle teste dei nostri figli i tetti delle loro scuole malmesse. Soprattutto, dell’Italia ci si infischia quando non facciamo nulla per il futuro dei nostri figli che, come prospettiva all’orizzonte, hanno solo quella di espatriare in cerca di una realizzazione altrove.

Siccome, però, Natale cade apposta in questo periodo dell’anno, in cui già da tempo immemorabile le antiche civiltà festeggiavano la rinascita della vita, credo che Natale sia anche tempo di speranza. Del resto, se proprio nel tanto decantato presepe il bambino Gesù nasce in una mangiatoia, attorniato da povera genere, in un luogo isolato, lontano da tutto, vuol dire che la speranza può veramente nascere ovunque. Perfino nella nostra povera Patria. E allora buona speranza e buon Natale a tutti!

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