I recenti provvedimenti per contrastare l’inquinamento atmosferico nelle grandi città, complice un bollettino meteorologico non favorevole alla dispersione delle polveri sottili, ripropongono la questione circa l’urgenza di una progettualità ad ampio respiro su questo fronte.
È di questi giorni la decisione a Roma di fermare le autovetture maggiormente inquinanti, includendo in tale categoria tutte quelle marcianti a diesel, persino quelle nuove di fabbrica e con sistemi specifici antinquinamento (che le rende sembrerebbe meno inquinanti di tante marcianti a benzina ma più vecchie), con inevitabili ripercussioni tra la popolazione che si trova a fare i conti con un sistema di trasporti pubblici carente in un “sistema-città” non strutturato (almeno non ancora e chissà per quanto) per una mobilità pubblica degna di questo nome.
Misure tampone che, dunque, finiscono col provocare soprattutto un forte disagio offrendo il destro a comportamenti di reazione a cascata: dall’indifferenza verso i divieti al probabile utilizzo smodato dell’auto non appena possibile. E con il traffico decuplicato si ricomincia da capo.
Studiosi ed esperti rinnovano ancora una volta il monito secondo cui le azioni di tamponamento, come il blocco della circolazione per i mezzi più inquinanti, sono palliativi deboli, dettati dall’emergenza e che, a quanto pare, non riescono neppure a rispondere all’immanenza che li rende necessari. Gli stessi esperti fanno sapere, inoltre, che l’impatto inquinante della circolazione degli autoveicoli è in percentuale assai basso rispetto al totale dei fattori su cui si dovrebbe intervenire. Pare, poi. che la semplice pulizia e il lavaggio delle strade contribuirebbe molto ad eliminare le cosiddette polveri sottili. Come si nota, si tratta, nel caso del lavaggio delle strade, di normale manutenzione urbana che, tuttavia, a Roma praticamente è scomparsa.
Alla fine, la azioni poste in essere appaiono provvedimenti che denunciano una strategia di corto respiro, che vive alla giornata, nella speranza che il domani porti un po’ di vento che spazzi via le polveri nell’aria, in attesa di ricominciare da capo.
La politica di contrasto all’inquinamento è però solo una delle spie di una filosofia amministrativa più ampia che, pericolosamente, caratterizza gli ultimi anni, specie in una città come Roma. Non è un problema unicamente legato all’Amministrazione attuale; semmai è una visione prospettica che si trascina da tempo. Una azione politica che non vuole incidere in profondità, che ha rinunciato ad avere il coraggio della lungimiranza, che sembra adeguarsi non solo alla mancanza di idee ma anche all’attendismo di comodo che serpeggia dentro i meccanismi amministrativo-burocratici e nell’Aula del Consiglio Comunale.
Due direzioni sulle quale andrebbero elaborate idee e proposte. La prima è relativa ad una politica che trasformi la mobilità a Roma, cercando di porre fine all’assedio quotidiano delle automobili e offrendo alla città (e alla sua area metropolitana) un sistema di trasporti valido. Ciò contribuirebbe a risolvere tanti problemi, uno fra i quali, quello dell’inquinamento atmosferico. La seconda direzione è, infatti, proprio una politica ambientale urbana che – seriamente – metta mano ai fattori inquinanti, tra i quali ricordiamo l’uso e abuso (dettato dall’assenza di controlli efficaci) degli impianti di termoregolazione degli edifici privati e pubblici.
Solo così non ci ridurremo ogni volta ad aspettare che il vento o la pioggia ci ripuliscano la città.
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