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#Immigrazione e programmi elettorali

08/02/2018 di Maria Medici

Mettiamo da parte le chiacchiere, anche quelle mie, sul binomio buoni/cattivi, altruisti/populisti, salvaguardia del principio di solidarietà umana contro preoccupazione per l’attacco alla presunta “#razza” italiana e via dicendo. Insomma, sgombriamo il tavolo dai principi morali e dalle posizioni ideologiche in materia. Parliamo solo di fatti. Premettiamo, però, una cosa sulla quale, credo, si possa essere tutti d’accordo, sia i contrari che i favorevoli all’#integrazione: ossia che il fenomeno della migrazione attuale – posto che essa sia diversa dalle altre che l’hanno preceduta nei millenni e da quelle che la seguiranno per altri millenni – è un fenomeno epocale, cioè di proporzioni bibliche, per intenderci, fatto di grandi numeri e che coinvolge tutto il nostro pianeta. Si tratta di una premessa indispensabile per essere tutti d’accordo almeno sul fatto che con un cucchiaino non ci svuoti il mare e neppure riesci a trattenere per più di tanto le sue onde che si infrangono sulla riva.

Premesso questo, passiamo alla fase operativa – cioè quella che un futuro governo dovrebbe affrontare, volente o nolente. Che cosa fare? Come gestire un fenomeno del genere? Qui le chiacchiere stanno a zero e pure una discreta parte delle proposte elettorali di tutte le formazioni politiche finiscono per andare a farsi benedire, non per la eventuale validità o legittimità dei principi dichiarati ma per la loro effettiva praticabilità. Ma vediamo il punto di vista dei principali partiti.
#Berlusconi ha lanciato la proposta, sull’onda dei fatti marchigiani, di rispedire a casa 600mila migranti; qualcuno ha fatto notare con carta, penna e calcolatrice alla mano, che nel migliore dei casi per riuscire nell’intento e vedere andare via l’ultimo dei 600mila si dovrebbe attendere il 2032. A meno che Berlusconi non stia pensando di utilizzare navi da crociera per questa missione (ma anche in questo caso i tempi sono molto lunghi). Ma poi, dove li porterebbe? Tutti dall’altra parte del Mediterraneo? Pure gli asiatici? Se un migrante è nigeriano in Nigeria lo devi riportare e la Nigeria non affaccia sul #Mediterraneo. Niente navi da crociera, dunque, ma più banali aerei di linea adoperati per l’uso e con i costi che tale operazione avrebbe. Lasciamo da parte il #tempo che ci vorrebbe e pensiamo ai quattrini che occorrerebbero: ebbene ce ne vorrebbero parecchi. Talmente tanti che forse faresti prima a regolarizzare gli stranieri che, pur irregolari, vivono onestamente.

Se passiamo alla proposta della Lega la musica non è che cambi più di tanto; pazienza per il ritornello che è identico (mandiamo via tutti gli irregolari, ma, anche in questo caso non si capisce come) ma a studiare il programma vi si scoprono una serie di proposte (ripristino dei controlli lungo i confini e cercare di arginare gli afflussi di migranti via mare grazie alla politica dei respingimenti, potenziare il controllo, con la creazione di organismi ad hoc, dei soldi pubblici spesi per l’accoglienza) che sono praticamente le stesse del centrodestra, con qualche distinguo. Peccato che alcune rischiamo di andare dritte sparate contro il diritto internazionale al quale anche l’Italia deve sottostare, e quindi non potranno mai divenire realtà.
Molto condivisibile il programma del M5S sul fenomeno delle migrazioni (lo invito ad andare a leggere in dettaglio). Tuttavia, al primo posto c’è la preoccupazione di aiutare queste persone a casa loro, e cioè “rimuovere le cause che costringono gli esseri umani a lasciare i propri Paesi d’origine”. Una cosa sulla quale siamo tutti d’accordo, ci mancherebbe, però sappiamo anche che è un processo molto lungo e che l’Italia non può certo condurre da sola, come pure da soli non si riuscirebbe a contrastare la vendita delle armi ai Paesi del Terzo Mondo e invertire i complicatissimi processi economico-finanziari che non poche volte stringono al collo di questi Paesi il cappio. Il senso del realismo mi spinge a pensare che per un obiettivo del genere altro…che aspettare il 2032.

Per non parlare di tutto quello che è il complessivo sviluppo economico e politico di un continente, o almeno di singole sue aree che da sole sono grandi e popolose quanto una decina di italie messe insieme. Insomma non è il massimo del realismo.
Il Pd propone di “controllare le frontiere, combattere i trafficanti di persone, salvare vite umane in mare e accogliere chi fugge da guerre e persecuzioni”. Chiede la revisione dei regolamenti e dei trattati riguardo la distribuzione dei richiedenti asilo, propone in casi eccezionali i corridoi umanitari e sì allo Ius soli. Praticamente si tratta della linea Minniti di questi ultimi mesi.
Al netto delle posizioni ideali e morali (che qui abbiamo deciso di bandire momentaneamente), onestamente quella portata avanti dal governo in carica mi sembra la strada maggiormente percorribile, seppure con non pochi aggiustamenti circa ad esempio la politica di controllo del mare e del contrasto agli scafisti. Non pochi dubbi poi permangono sull’appoggiarsi alle politiche di alcuni Paesi fortemente instabili e che garantiscono poco o nulla sul trattamento dei migranti (come la Libia). Soprattutto poco viene proposto dal Pd circa il discorso della percezione dell’insicurezza da parte dei cittadini italiani rispetto al fenomeno migratorio e le misure necessaire per intervenire. Che sarebbe un punto, invece, proprio importante da toccare per far sì che qualcuno non si metta in testa di cavalcare queste paure per acchiappare voti anche con promesse irrealizzabili.

Posso capire che per tanti sia politicamente inaccettabile un programma che, seppure rispetto alla questione immigrazione proponga un piano piuttosto realistico e possibile, proviene da una formazione politica “avversaria”, considerata il “nemico” e alla quale addossare l’origine di tutti i mali passati, presenti e futuri. Sgombrando il tavole dalla chiacchiere, però, mi domando quanto c’è di realizzabile nei programmi proposto da molti partiti, alla prova dei fatti concreti? O sgombri il campo dalle proposte fantasiose di “ripulitura” in quattro e quattr’otto e dalle visioni ideali di una società futura perfetta, e pensi a come muoverti nell’oggi, con i mezzi a disposizione, con i vincoli giuridici che hai di fronte e con l’imperativo morale che di esseri umani si sta parlando, oppure le cose resteranno esattamente come sono sempre state. Si cambierà solo l’attore politico verso il quale prendersela.
Il fenomeno non lo si affronta sull’onda dell’emozione, c’è poco da fare. Chi spara a zero con proposte irrealizzabili potrà offrire una magra consolazione per il cittadino impaurito, ma non risolverà una virgola delle questioni che l’emigrazione ci pone davanti.

Non ci foderiamo gli occhi con nessun tipo di prosciutto, né quello buonista e né quello opposto: quello delle migrazioni è un problema, di natura globale, che nel tempo potrà incidere in modo significativo anche sul concetto di democrazia, mettendolo alla prova circa le questioni della convivenza e dell’integrazione, del senso comune, dell’appartenenza nazionale e collettiva. Mi permetto solo un finale con le “chiacchiere”: le migrazioni, nel passato, sono state capaci di trasformare il mondo e non mi riferisco solo alla “madre” delle migrazioni che dal’Africa ha portato l’homo sapiens a colonizzare il nostro pianeta, ma a tutte quelle che nel corso della storia hanno trasformato le società, i tessuti nazionali. Del resto, cosa ha fatto fino a ieri l’homo “europeo” se non colonizzare interi continenti? E se oggi fosse venuto il turno degli altri?
Se si vuole gestire questo fenomeno con i piedi per terra allora sarà meglio mettere da parti i proclami e rimboccarsi le maniche con i mezzi che passa il convento.

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