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#Corinaldo: #Dolore e #ReazioniScomposte di una #CollettivitàInCrisi

10/12/2018 di Maria Medici

La tragedia della discoteca di Corinaldo, oltre a fare provare dolore e partecipazione, almeno col pensiero, al dramma di tante famiglie, deve essere uno spunto per una riflessione.



Quando accade una cosa del genere, al di là e prima ancora di accertare le eventuali responsabilità, che siano umane o del fato, una comunità umana civile si raccoglie, per lo più tacendo ma anche con i giusti pensieri espressi, attorno alla tristezza generata da eventi di questo tipo. Oggi, nell’era della rivendicazione universale del diritto di dire la propria, ciò non accade quasi più. Fin dal primo istante in cui la maglia comunicativa ci porta a conoscenza del fatto, ecco scatenarsi l’onda scomposta della denuncia e del risentimento. Ma risentimeno verso chi? Ecco la caccia all’untore, alla quale partecipano alacremente tutti, anche chi dovrebbe avere la responsabilità istituzionale di accertare le cose prima di dare al pubblico la sua opinione.

Le responsabilità vanno accertate da chi fa quel mestiere, ossia la magistratura e le forze dell’ordine e non dal popolo che al 99,9 per cento non ci capisce un’acca. E così le notizie che si accavallano, come è normale in una situazione di questo tipo, finiscono per rappresentare il capo d’accusa di tanti piccoli tribunali in cui ognuno fa l’accusatore, il giudice, la giuria e pure il pubblico. Siamo talmente abituati a percepire la nostra realtà collettiva come luogo caratterizzato dal male assoluto che non appena vi è l’occasione parte la gogna: la discoteca conteveva il doppio di persone del consentito, l’incappucciato misterioso è un terrorista islamico, le madre e i padri che mandano i figli allo sbaraglio di un concerto notturno sarebbero da impiccare, e così via. Alla fine, la percezione è che se i colpevoli sono tanti, il colpevole non è nessuno.

Così si perde di vista la finalità della colpa, assieme al valore della pietas. E siccome il web dà spazio a tutti, ma proprio a tutti, vi è persino chi giudica la morte di quei ragazzi quasi come la giusta punizione divina verso chi è peccatore. Un po’ come accadde dopo la strage parigina del Bataclan, quando qualcuno affermò che la musica di quella sera era “satanica” e dunque aveva attirato la morte, dando quasi la colpa alle vittime.
La mutazione antropologica alla quale stiamo assistendo parte proprio da questo: una collettività che non è più capace di giocare il suo ruolo, che ha perso l’identità di essere con-cittadini. Ora siamo tutti diventati giustizieri del male del mondo, ma a modo nostro, accusatori della domenica che sfogano un rancore più che anelare alla giustizia. La giustizia ha bisogno dei mattoni e non dei picconi.

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11/12/2018 00:00:59 di giuseppe anfossi
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11/12/2018 00:14:10 di Raffa
Solo un grande dolore x tutti ragazzi ,ragazze e quella giovane mamma che nn ci sono più ......e chi sta ancora lottando x vivere un grande augurio!




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