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Cittadine in piazza a Roma

21/12/2018 di Maria Medici

Articolo in Collaborazione con L'Italia Che Verrà L’esperienza organizzata e portata avanti da un gruppo di cittadine a Roma, che ha avuto il suo battesimo nella manifestazione di protesta in Campidoglio lo scorso ottobre, sta andando avanti, soprattutto grazie ai social che sono divenuti piattaforma di scambio continuo di informazioni, suggerimenti e pareri.



È un movimento di idee che però vuole sforzarsi di uscire dalle gabbie digitali per mantenere una sua presenza nelle piazze, dato che la città è il luogo soggetto e oggetto dell’azione che si vuole portare avanti. Lo stato della città di Roma è ben noto a tutti. Ma, al di là delle legittime recriminazioni verso l’amministrazione capitolina, si può ben sperare che questa esperienza divenga un esempio di cittadinanza attiva nel vero senso della parola, cioè che superi il momento della protesta per attuare quello delle proposte.

Non saprei dire se, in tutto questo, vi si rintracci una specificità femminile. Nell’affermare che sussista, avrei paura di dire una banalità e, soprattutto, di non riuscire ad inquadrarla del tutto: senso pratico? concretezza? attitudine ad evitare i bizantinismi della politica e puntare all’essenziale? Il rischio è sempre quello di compiere delle forzature dialettiche che non hanno poi riscontro nella realtà quotidiana e nella sua complessità. Credo, tuttavia, che non sia un caso che ad organizzare l’esperienza di Roma sia stato un gruppo di donne, eterogeneo nella sua composizione sociale e nelle esperienze di ciascuna.

In un momento in cui l’agire politico tradizionale sembra non riuscire a sollevarsi da una crisi profonda, tanto che anche i partiti tradizionali sono ormai orientati a forme di coinvolgimento alternative, a guardare all’associazionismo, alle esperienze di comitati civici, forse una certo senso della “praticità” può risultare vincente.

Tanto più che lo scollamento fra cittadini e istituzioni (e, di riflesso, la politica) passa spesso proprio per l’assenza di una forma comunicativa circa i disagi ma anche le attese e le proposte che possono provenire dal basso. E questo è paradossale, se si pensa che siamo nella tanto decantata era digitale che doveva mettere in comunicazione il mondo intero.

Per fortuna l’idea dello “scendere in piazza” non è stata del tutto accantonata e, forse, anche per questo bisogna dire grazie a quelle cittadine romane.

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