L'Italia che Verrà
Roma percepita
06/02/2018 di Maria Medici

Il cittadino medio che ogni giorno si avventura per le strade di Roma difficilmente riesce a ad avere una visione globale della sua città. Oggi, fra gli umori imperanti, vi è senza dubbio la rassegnazione. Se rimaniamo sul piano del pittoresco e folclorico, fiumi di inchiostro sono stati versati per descrivere l’atteggiamento dei romani, sornioni e cinici, poco propensi a credere alle promesse del governante di turno, saggiamente ripiegati sulla vita quotidiana e tendente a rifugiarsi nel motto di spirito dissacratore a mo’ di consolazione personale e collettiva.
Tuttavia, le necessità del vivere contemporaneo non consentono più motti di spirito e battute consolatorie.
Così la rassegnazione si coniuga talvolta con l’insofferenza e la rabbia. Ossia, trova dei canali di sfogo commisurati alle possibilità che il vivere civico (in parte negato) riserva ai cittadini, producendo distorsioni, ricerca di capri espiatori (dagli all’immigrato), apertura di crediti di fiducia ai capipopolo. E magari si domanda se è mai possibile che un intero quartiere Nuova Ostia sia tenuto in scacco da anni da una banda di criminali. L’immagine dei palazzi con le serrande abbassate alle finestre in segno di lutto all’indomani all’arresto di molti malavitosi, potrebbe essere letta come segno di profonda rassegnazione.
Il romano sente di subire la propria città anziché viverla: si sopportano i trasporti insufficienti, il traffico disordinato e stressante, la sporcizia, l’assenza o la scarsità di servizi efficienti. Si subisce soprattutto la distanza dall’ amministrazione. A Roma vi sono due desideri paralleli, due idealità l’una accanto all’altra: quella della vivibilità, a cui si lega la funzionalità della città in tutti i suoi settori, e quella di potersi riconoscere in una “grande” Capitale europea e mondiale. A questa concorre indubbiamente il prestigio delle sue vestigia storiche e artistiche, il fascino che esse emanano da sempre.
Ma questi desideri hanno ora toccato il punto distante maggiore per via di tutto ciò che inesorabilmente non “fa” di Roma una Capitale. La sfida, allora, forse è quella di ricomporre le due città: non facile poiché la prima cosa che viene a mancare, probabilmente, è la percezione di vivere in una Città-Capitale. Questa assenza si è andata formando nel tempo, per lo stratificarsi di tanti fattori, come la divisione fra la città dei romani e quella dei “palazzi”, e lo sviluppo di una disordinata periferia. Guardando soprattutto agli ultimi anni, è venuta meno una narrazione condivisa dai romani e della loro futura città.
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