Nel The Global #GenderGap Report del 2018, pubblicato dal #WorldEconomicForum e consultabile per intero online, si rimarcano ancora una volta una serie di paradossi e nodi critici relativi al ritardo che le donne subiscono nel panorama delle opportunità e dell'applicazione dei diritti, specie in campo economico ed occupazionale.
L'Italia, seppure con un minimo progresso rispetto al passato, risulta al settantesimo posto al mondo (su 149 Paesi) e ultima fra le nazioni più sviluppate, annaspando dietro alla Tanzania, Capo Verde, Honduras e Montenegro. In Europa solo Grecia, Malta e Cipro hanno un punteggio inferiore al nostro.
Nel complesso, la ricerca ci informa che l'indice globale mondiale relativo al gender gap è al 68%, cioè c'è da recuperare un buon 32% per colmare definitivamente il divario che sussiste tra uomini e donne nei campi della politica, del lavoro, dell'istruzione. Una proiezione, infine, ci informa che occorreranno, di questo passo, 108 anni per colmare il divario in politica, istruzione e salute. Nulla a confronto dei 200 anni previsti per colmare il divario nel mondo del lavoro. Consolatorio, si fa per dire, il dato sui primi della classe: l'Islanda è all'85% dell'indice ed è seguita dalla Scandinavia (Norvegia, Svezia e Finlandia). Non deve poi stupire che dietro all'Europa del Nord troviamo Paesi come Nicaragua, Rwanda, Filippine, Irlanda, Namibia.
Infatti, il gap non è collegato alla ricchezza di un Paese: realtà anche molto povere possono avere misure molto più efficaci per colmare il gender gap. Piuttosto, dunque, è un problema di cultura politica.
Ad ogni modo, se ci vogliono 200 anni per pareggiare la situazione dei diritti nel lavoro, allora le donne, da noi come in tante parti del mondo, dunque, dovranno mettersi l'anima in pace? Nemmeno per sogno. Già gli esempi virtuosi (e non mi si venga a dire che l'Islanda non è paragonabile all'Italia perché, io dico "e allora la Namibia?") sono di aiuto per comprendere quali mosse e strategie si possano mettere in campo.
La questione di fondo rimane sempre, però, quella relativa ad una assenza di una vera volontà politica, pronta a mettere mano ad un necessario mutamento culturale: dentro le famiglie, nei processi occupazionali, nel mondo delle professioni, nelle strategie di collegamento fra istruzione e lavoro, nel mondo della scuola. Su questo aspetto in Italia anziché andare avanti sembra si retroceda. Curioso ma profondamente significativo è il dato che rapporta lavoro e istruzione. Le donne in Italia superano ampiamente gli uomini nella cultura superiore: insomma, ci sono più laureate che laureati.
Come mai, allora, la disoccupazione femminile è più alta di quella maschile? Il part time riguarda soprattutto donne? Ad abbandonare la ricerca di un lavoro sono soprattutto donne? Maggiore scolarizzazione non vuol dire automaticamente maggiori opportunità nel mondo del lavoro poiché se il gap è culturale anche lo sforzo (nella scuola o in altre dimensioni) rischierà di essere vano.
Qui si torna indietro, alla famiglia patriarcale e alla donna "angelo del focolare". Vedi le proposte dell'attuale ministro della Famiglia che a tutto pensa fuorché ad aiutarle, le famiglie.
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06/01/2019 13:12:45 di MarcoSITUAZIONE DEI CITTADINI ITALIANI
Residenti : 60.441.000
LAVORATORI : 22.484.000 (37,2%)
Dipendenti : 16.988.000 (28,1%)
Autonomi : 5.477.000 (9,1%)
Al nido, asilo e scuola : 8.371.000
In PENSIONE : 12.534.000
DISOCCUPATI reali : 17.710.000
Inattivi : 14.380.000
Ufficiali : 3.330.000
Reddito medio Lavoratori : 1.580 Eu netti – Lordo 3.190
Tasse complessive : 88% (23% Irpef – 33% Inps – 64,8% Indirette consumi – 22% Iva)
Spesa Pubblica : 870 MLD ( Di cui 388 MLD tasse stato 350 MLD sprechi e ruberie)
PIL tasse comprese : 1.800 MLD
Tasse Lavoratori Cad : 38.694 anno – 3.224 Eu mese
Mancato PIL per disoccupazione : 677 MLD (37%)
Mancato gettito per disoccupazione : 342 MLD (39%)
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