È di qualche giorno fa un documento pubblicato dall’Associazione “L'Italia Che Verrà” in cui si ribadiscono alcuni principi di fondo che hanno accompagnato il progetto di far nascere questa realtà associativa.
Il bisogno, anzitutto, di uscire dalle “secche” di una politica che si allontana sempre più dagli individui, per ritornarvi sotto forme pericolose e scadenti come quelle che, purtroppo, possiamo osservare quasi ovunque. Una politica che è ragionamento e non mera accondiscendenza né alle strategie del sottobosco partitico, né agli umori della “pancia” del Paese, ai quali, furbamente, in molti si rivolgono per ottenere consensi.
La prima forma è una politica che punta a vivacchiare di una rendita sempre più striminzita nel nome di una autoreferenzialità sempre meno efficace. La seconda opzione vuol dire giocare facile con le paure e le incertezze tipiche di questo tempo.
Al contrario, cosa vuole dire oggi, puntare ad un riformismo democratico? Credo che, al di là delle soluzioni magiche, le scorciatoie illiberali o fuori dal tempo, la strada percorribile affinchè si possa coniugare diritti e democrazia sia quella in cui coesista la difesa dei diritti, l’attenzione ai bisogni e soprattutto una prospettiva civica, ossia partecipativa vera e non finta. Quello che manca oggi in Italia è proprio una prospettiva civica, cioè la formazione di un tessuto identitario dei cittadini che vedono la politica non come una sfera distante e distaccata dalla quotidianità, ma come un ambito in cui sentirsi veramente dentro.
Come? L’aspetto più difficile è senza dubbio quello di costruire occasioni reali di partecipazione; ma è in quella direzione che deve essere indirizzato lo sforzo di Italia che Verrà. Le iniziative organizzate in questo primo anno sono state pensate per coinvolgere i cittadini, senza evitare la complessità dei temi toccati, in particolar modo pensando alla situazione politica e amministrativa di Roma, in cui le questioni scottanti sono molte ma anche molto complesse e per le quali non bastano certamente proclami o proteste fini a se stesse. Piuttosto quello che serve sono proposte serie e all’altezza dei problemi da risolvere.
Il ribadire, infine, che la nostra Associazione è apartitica, non vuol dire ovviamente che essa non si occupi della politica e dei partiti. La scelta democratico-riformista ci orienta verso chiunque condivida un approccio serio e non populista, un approccio alle grandi questione ragionato, critico e analitico e non improvvisato. Tuttavia, vogliamo restare “fuori” da contese e lavorare come produttori di proposte, idee e stimoli.
Per chi non l'avesse letto ecco la "
Lettera Aperta: Esperienza di Cittadinanza Attiva"
Commenti:
15/01/2019 17:06:26 di Federica76Non lo so, purtroppo ormai in Italia la gente non si fida più della politica.
Ne abbiamo viste troppe e di tutti i colori.
Chi ci governa ora con i suoi limiti, le sue incapacità ed i suoi eccessi non è peggiore di chi li ha preceduti, anzi... come si fa a dire che questa politica "si allontana sempre più dagli individui" se poi i GIORNALAI la chiamano populista, semmai uno dei meriti di chi ci governa è stato proprio quello di ri-andare incontro alla gente.
La politica fine, quella che lei chiama ragionamento, quella 'pensante' l'abbiamo gia avuta...era proprio quella ingessata su se stessa, autoreferenziale, il loro pensiero non passava mai ad azione ...se non per interesse e tornaconto.
>> Risposta di Maria Medici
Non mi piace bollare i giornali e i giornalisti come servitori di interessi e dunque sprezzatamente come "giornalai". Mi dispiace ma non è questa la base da cui partire. Del resto, che dire dei "giornalai" che ieri hanno incensato la poco opportuna sfilata dei potenti di turno all'arrivo di un terrorista?
16/01/2019 16:12:30 di Federica76Li chiamo giornalai proprio per quello, oggi sono poche le firme che meritano l'attributo di giornalista e guardi un po ... non parlano di politica.
L'informazione sta cambiando, oggi la carta stampata a vita breve...anzi è gia morta, è vecchia, statica. Le notizie su internet girano in tempo reale mentre sul giornale oggi leggi i fatti di ieri.
Per riprendere però il discorso, perchè tutti i giornalisti erano a fiumicino e ce ne fosse uno che facendo un giornalismo di inchiesta non si sta occupando dei poteri forti che lo hanno coperto?
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