In un vecchio film di Woody Allen lui dice a lei “ti sei perso un noiosissimo documentario su Auschwitz, la domanda che si pongono tutti è sempre la solita ‘come è possibile che sia potuto accadere?’.
La domanda è malposta, conoscendo l’umanità, si dovrebbe chiedere ‘come è possibile che non accada più spesso?’ La battuta che ho riportato, non fedelmente, a modo suo rimanda al nucleo centrale della giornata odierna. La memoria a cosa serve? A non dimenticare, ovvio. Non dimenticare le vicende di un popolo disseminato in Europa, il cui tentativo di distruzione da parte di una ideologia folle alla fine non ha prevalso ma ha lasciato sul terreno milioni di vite spezzate con una disumanità pari solo alla raffinata razionalità utilizzata.
Lo sforzo è quello di ricordare volti, nomi, storie, parlarne, rendendone giustizia attraverso la memoria, facendo lo stesso anche davanti alla masse di uccisi rimasti senza nome. Fare memoria delle tragedie è già un bel passo avanti, perché l’atto del ricordo reca con sé una presa di coscienza, il fare propria una consepevolezza che ci rende più sensibili nei confronti dell’umanità, degli altri.
Ma serve anche a trarre lezione dalla storia, specie quando questa ne ha da offrire direttamente a tutti. Ci tocca da vicino perché l’umanità non sembra aver imparato granché da quella pagina buia. Primo Levi parlava proprio di questo, della tragedia nella tragedia: l’umanità che non aveva appreso nulla e che perpetrava o assisteva impassibile ancora alla distruzione di vite.
In molti, in questi giorni, stanno riflettendo su un aspetto che preoccupa: non come sia potuto accadere, ma come il tutto sia cominciato. Perché di fronte alla spaventosa e metodica strage compiuta dal nazifascismo, nel cuore dell’Occidente colto e illuminato, ci si interroga ancora poco su quali furono gli elementi che generarono quella strage: il dividere l’umanità, l’egoismo individuale e nazionalista, l’alimentare false credenze e pregiudizi. E se, oggi, c’è qualcuno che rilancia addirittura quel falso storico che furono I protocolli dei savi di Sion, allora ci sarà bisogno non di una ma di cento, mille giornate della memoria.
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28/01/2019 18:31:59 di Carmine IovineOttimo articolo complimenti
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