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Cronache famigliari

02/04/2019 di Maria Medici

Spenti i riflettori e calato il sipario sul congresso di Verona, forse ora si potrà tornare a parlare veramente di famiglie.



Infatti, l’unica cosa di cui non si è discusso in questi giorni è la famiglia. Intendo discussione (seria) quella che si fa attorno ad un tavolo, dove sono sedute persone competenti, con dati alla mano, che cercano di comprendere quali sono i problemi delle famiglie, quali possono essere le soluzioni, quali devono essere gli investimenti economici da attuare per il sostegno, quali servizi da potenziare, quali strutture da realizzare per accompagnarne il cammino, eccetera. Ove per famiglia intendo un progetto d’amore e un compito responsabile per il futuro, pur nella piena consapevolezza di essere nel campo della libera scelta.

Invece no, si sono sprecate parole starnazzando anatemi, utilizzando il concetto di famiglia come un randello.
Pure la natura è stata presa e stiracchiata così come si voleva, senza il minimo interesse a comprenderne la complessità, quasi che essa fosse riducibile ad un aut aut ideologico. Bianco o nero, cultura o natura, tradizionale o alternativa. Più che di famiglia qui sembra si sia parlato di musica o cucina. Quando poi, qualsiasi studente al primo anno di sociologia, antropologia o biologia, sa che la famiglia è un istituto in cui natura e cultura sono indissolubilmente legate e che la natura plasma la cultura e la cultura modifica la natura. No, in Italia abbiamo il vizio di prendere le parole e usarle come scimitarre contro gli infedeli di turno. Più complicato prendere un libro e leggerselo per comprendere di che si sta parlando veramente.

Verona ha visto sfilare personaggi a dir poco eccentrici, rabbiosi, assertori convinti di teologie assolute e portatori di verità tascabili. Una cosa, però, è vera, verissima: la famiglia è in pericolo. Ma non è minacciata per nulla da presunti “distruttori” della morale, bensì da chi, piuttosto, si riempie la bocca di questa parola e poi la mette all’ultimo posto fra le priorità dell’azione politica. Insomma, siamo tutti capaci a stilare etichette sul “come” e “con chi” la famiglia dovrebbe caratterizzarsi. Al netto delle ipocrisie di certi difensori della famiglia “tradizionale” (che vuol dire, poi, questo termine, Dio solo lo sa, dato che anche per i sumeri le famiglie assiro-babilonesi dovevano sembrar ben strane, come dovevano sembrare ai coloni fenici quelle libiche), nella realtà quotidiana le famiglie (tutte le famiglie) devono fare i conti con l’assenza in Italia di una vera politica per le famiglie. Alla faccia del Paese in cui la famiglia “è sacra”. Qui, più che altro ad essere sacro è il motto “tengo famiglia”, per prebende, raccomandazioni et similia.

Ma, chiedo a tutti i crociati che sanno chi andrà all’inferno e chi invece in paradiso, intanto ve lo siete fatti un giro per le nostre città, a contare quanti asili nido pubblici ci sono?

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