Ci sono temi che per loro natura intrinseca e per le questioni e i rimandi che pongono in essere, dovrebbero essere tenuti lontani dalla rigidità dogmatica di qualunque bandiera.
Tra di essi, credo, ve ne è uno che sembra proprio facile preda dell’ideologismo laico o religioso. Si tratta della questione della maternità surrogata, tema che appare fatto apposta per esasperare gli animi e scavare solchi fra opposte convinzioni.
Intanto chiariamo di cosa si parla: la gravidanza surrogata è tale quando una donna fertile offre la sua capacità per aiutare un'altra donna sterile. Sono dette complete quelle nelle quali la madre surrogata utilizza il proprio utero e i propri gameti, e incomplete quelle nelle quali accetta nel proprio grembo un embrione che le è estraneo dal punto di vista genetico.
I rimandi posti in essere dalla suddetta questione sono principalmente due: la libertà dell’individuo di gestire il proprio corpo come meglio crede, ovviamente, nel rispetto della sua dignità; la piaga dello sfruttamento e della mercificazione del corpo delle donne. Due temi che possono procedere per strade diverse ma che, nella situazione odierna, ove la giungla di leggi che regola o vieta l’affitto del grembo, finiscono inevitabilmente per incontrarsi, anzi scontrarsi. Attualmente, chi ha i mezzi economici può scegliere di andare all’estero, nei paesi dove le persone sono in difficoltà, e trovare la donna che gestisca la gravidanza desiderata, facendolo per soldi.
Chi ci dice, poi, che questa donna non sia vittima di un racket, tale e quale quello che organizza la prostituzione e che quindi, seppure mossa dal bisogno, non lo faccia volontariamente?
La questione “etica”, che alcuni politici sbandierano come una clava, dove riposa? Nell’atto in sé di offrire il proprio grembo per un figlio che non sarà il tuo, oppure nel trasformare quello che, in fin dei conti, si potrebbe intendere anche come un “dono”, un gesto anche di amore, in una operazione mercificante il corpo femminile? Insomma, è l’atto in sé che non va bene oppure il tipo di volontà che lo attua?
Del resto, c’è chi teme o auspica un futuro non troppo lontano in cui la questione verrà risolta dalla realizzazione di uteri artificiali in cui far sviluppare l’embrione, una sorta di incubatrice funzionante fin dall’inizio e non a metà gestazione, capace, magari, di ricreare stimoli di natura materna (è di pochi giorni fa la realizzazione di una incubatrice tradizionale in cui il prematuro può avvertire la voce della mamma registrata in precedenza).
Vi è poi la questione affettiva. Un individuo di chi è figlio, di chi lo tiene in grembo per nove mesi e lo partorisce oppure di chi lo accudisce, di chi si prende cura di lui dal momento della nascita? Per non parlare della spinosa questione etico-giuridica in merito al valore dell’ovulo fecondato e del grembo in cui far sviluppare l’embrione, quale delle due entità ha maggiore diritto di proclamarsi genitore del concepito? Sono questioni molto complicate.
Sono tutte domande che ciascuno di noi deve porsi per cogliere al meglio quali sono i nodi della questione.
Alcuni insistono su di una regolamentazione internazionale che garantisca, il più possibile, che dietro la pratica dell’utero in affitto non vi siano operazioni commerciali e vi siano delle precise garanzie per il nascituro e per la partoriente. Tuttavia credo che la questione di fondo sia che la maternità surrogata più che un gesto d'amore somigli troppo ad un gesto di egoismo: volere un figlio a tutti i costi, pure 'ordinandolo' conto terzi finisce per somigliare alla china che la nostra società dell'opulenza e dei consumi ha preso in ogni campo dell'agire umano, a cominciare, appunto, da quello dell'etica.
Non c'è da scandalizzarsi più di tanto poiché il consumismo incide anche e soprattutto sulla sfera emozionale: 'desideri ergo ottieni' è lo slogan che fa andare avanti il mondo globalizzato. E questo, forse, associato al tema così delicato della maternità e della paternità assume un colorito sinistro.
In ogni caso, è necessario che ll tema rimanga comunque oggetto di confronto, laddove esso rientra nella grande questione, scottante oggi come non mai, del rapporto fra capacità tecnologica e limiti etici della scienza. I muri non servono a nulla il dialogo invece può illuminare tutti.
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28/04/2019 08:49:29 di DanielaIo dico no no no e no..preferisco un bel muro vorrei che psicologi sociologi pensatori illuminati prendessero posizione contro questa pratica che offende la donna e la maternità...la GPA è sfruttamento è prostituzione è business è insopportabile...non c'è alternativa se non dire basta...per ora questi poveri bambini sembrano felici ma prevedo una grande rivolta di queste persone quando sapranno la verità!!!28/04/2019 09:01:56 di SaraProgresso in senso lato significa accogliere tutte le scoperte scientifiche e tecnologiche regolamentandole a livello internazionale.
A costo zero per renderle accessibili a tutti.
Mettere la testa sotto la sabbia negando di vedere cosa di fatto succede nel mondo è bigottismo e grettezza.
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