Mi trovo questi giorni a Gerusalemme e ci sono capitata in un momento speciale per il mondo ebraico. Infatti, si festeggia Hanukkah (letteralmente “dedizione”), una festa ebraica invernale che cade il 25 del mese di Kislew (tra novembre e dicembre). I manuali sull’ebraismo spiegano che in questa festa si ricorda la vittoria dei Maccabei sulle forze nemiche dopo una guerra durata anni, avvenuta nel II secolo a.C.

Le Scritture parlano dell’introduzione di una festa di otto giorni poiché durante la guerra, gli Ebrei non avevano potuto celebrare un’altra festa che durava otto giorni, ossia Sukkot. Ma ad un certo punto Hanukkah divenne nota come “festa delle luci” poiché secondo una leggenda talmudica i Maccabei avevano trovato un giorno nel tempio solo una piccola giara di olio per accendere la Menorah, ossia il candelabro. Nella giara c’era però olio sufficiente per accendere il lume per una sola notte, ma, grazie ad un miracolo, l’olio durò per otto notti e da allora si decise che le luci rimanessero accese per tutto quel tempo. A poco a poco si perse la memoria iniziale della festa e l’attenzione si concentrò sull’accensione dei lumi, pratica che, secondo alcuni studiosi, potrebbe avere una origine pagana, ossia riferibile al trapasso dal buio dell’inverno alla luce della rinascita della vita in primavera.
Del resto, da questa origine non sarebbe neppure distante la scelta di festeggiare per i cristiani il Natale nello stesso periodo, simboleggiando la rinascita della vita attraverso Gesù. Comunque sia, Hanukkah è ancora molto sentita nelle famiglie ebree, specie come una festa in cui i veri protagonisti sono i bambini, che ricevono regali e giocano con una speciale trottola sulle cui facce sono scritte alcune lettere corrispondenti alle iniziali della frase “Un grande miracolo è avvenuto qui”. Nella letteratura yiddish le notti di Hanukkah sono spesso ammantate di magia e di mistero, un po’ come è per i bambini cristiani la notte di Natale. Sono notti in cui si compiono miracoli, strani avvenimenti che i vecchi solitamente raccontano ai propri nipoti, le sere, alla luce delle candele accese nella menorah.
Il premio nobel per la letteratura Isaac B. Singer scrisse diversi racconti in proposito, soprattutto racconti per i bambini.
In uno di questi, si narra che la notte di Hanukkah una famiglia molto povera riceve la strana visita di un signorotto locale che, incantato dalla bellezza del candelabro (che il capofamiglia non aveva il coraggio di vendere), decide di anticipare i soldi per l’acquisto donandoli ai bambini di casa che iniziano a giocare con lui al gioco della trottola.
Ben presto il nobile perde tutti i suoi soldi al gioco e i bambini, felici, possono con quelle ricchezze festeggiare degnamente Hanukkah. Non solo, il loro padre molto malato, improvvisamente si sente nuovamente in forze. Ma del signorotto, una volta salutato tutti e promesso di tornare a riprendersi il candelabro, non vi è più traccia né quella notte né i giorni successivi. Chi sarà stato? Domandano i bambini al loro padre. Chissà, forse un profeta, forse Elia. Ma, conclude Singer, siccome in Paradiso hanno a disposizione tutto il tempo che si vuole, forse quel signore tornerà a trovare i figli di quei bambini, o magari i figli dei loro figli. Chissà.
Commenti:
06/12/2018 05:30:03 di Beatrice Una bella tradizione da conservare, ebrei e no, nel sentimento comune di reverenziale rispetto del Grande Mistero della vita e de tempo.06/12/2018 15:20:33 di Galloni ErminiaMi piace conoscere le tradizioni ebraiche che sono poi parlando di religione, la base del cristianesimo
04/11/2019 11:24:15 di Nathan Tutti tradizione religiosi
sono in nome d un solo DIO, per noi UMANITÀ. 🇵🇪
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