Lo scorso 4 dicembre si sono svolte in tutta Israele una serie di manifestazioni di protesta contro la violenza maschile contro le donne. Decine di migliaia di donne israeliane e palestinesi sono scese in piazza a Tel Aviv, Haifa, Nazareth, Gerusalemme, nonché in diverse municipalità arabe. Tutte accomunate dall’urgenza di far sentire una voce unitaria contro il perpetrarsi preoccupante di una serie di femminicidi che ha visto qualche settimana fa la morte di due adolescenti israelo-palestinesi.



Le manifestazioni sono state accompagnate da un imponente sciopero al quale hanno aderito ben 11 sindacati e svariate decine di associazioni femministe creando non pochi disagi negli aereoporti, viabilità stradale, università. Si è parlato chiaramente di uno “stato di emergenza nazionale” ed è stato chiesto alle istituzioni e al governo di fare qualcosa, “Bibi, sveglia, il nostro sangue non è a buon mercato”, hanno gridato molte manifestanti a Gerusalemme. Non si tratta di un problema relativo a determinate culture o religioni, hanno dichiarato le organizzatrici dello protesta, c’è una profonda convinzione diffusa a tutti i livelli e gruppi sociali, secondo la quale la superiorità maschile sia un fatto scontato, come lo sia la violenza dell’uomo sulla donna.

Che la protesta abbia unito donne di diversa provenienza, ebree o palestinesi, ma anche tante donne provenienti, ad esempio, dall’Africa e che già vivono la difficile condizione di immigrate, è un segnale importante sia perché l’universo femminile riesce a trovarsi al di là delle questioni irrisolte di natura politica, insieme sotto la comune preccupazione circa la loro appartenenza di genere, sia anche perché l’agire delle donne è l’esempio di come,in un futuro speriamo vicinissimo, si possano superare le tante barriere e costruire un futuro di pace e di convivenza.

Commenti:


07/12/2018 21:31:23 di Domenico
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